Kaizen è il termine che riassume la filosofia del costante miglioramento finalizzato all’efficienza produttiva. Non rivoluzioni, ma semplici passi quotidiani, compiuti da ogni elemento dell’organizzazione.

Kaizen significa osservare il proprio piccolo angolo di pertinenza (nella vita lavorativa, ma anche in quella privata) e agire per renderlo migliore ogniqualvolta ne intuiamo la possibilità.

Altro aspetto, questo sì rivoluzionario, soprattutto per l’epoca in cui cominciò ad affermarsi, è che non si lascia influenzare dalla gerarchia, ma si basa sulla responsabilità diffusa a ogni livello.

In cima, come in fondo alla piramide, il Kaizen arriva alla stessa maniera.

Cosa significa Kaizen?

Prima di proseguire, è il caso di fare un po’ di chiarezza sull’origine dell’espressione coniata negli Anni Ottanta dall’economista Masaaki Imai.

E’ la traslitterazione di due caratteri giapponesi:

  • ‘Kai’, che significa cambiamento
  • ‘Zen’, che in questo contesto possiamo tradurre come bene/buono.

Un cambiamento verso il bene, cioè un miglioramento, ma non solo questo.

Andando a scavare in profondità all’origine dei due ideogrammi, il concetto di Kaizen viene specificato, o meglio sublimato, ulteriormente: Kai racchiude infatti anche i concetti di ‘io’ e di ‘sofferenza’, mentre ‘Zen’ porta in dote il senso del ‘sacrificio’.

In conclusione, Kaizen descrive un miglioramento nel quale tutti, singolarmente, siamo coinvolti e responsabilizzati, un cambiamento che ognuno può e deve stimolare. Con fatica, con sacrificio, per il bene comune e indipendentemente dal fatto che le cose procedano già bene: mai accontentarsi!

Cosa significa Kaizen nella pratica?

Dalla filosofia alla pratica, il passo è più breve di quanto non si possa pensare. E’ più una questione di comunicazione: una volta trasmesso e diffuso il messaggio (questa è la parte complessa), implementarne le pratiche è quasi automatico.

Altro aspetto da non trascurare: tra le strade per raggiungere l’efficienza aziendale, Kaizen non suggerisce la più veloce.

  • Perché è un mindset nella maggior parte dei casi distante dal modo di ragionare precedente.
  • Perché punta a un cambiamento costante, progressivo, ma non rapido.

Effetti Collaterali sulle Persone

Ciò che perde in velocità, Kaizen lo riprende con gli interessi in impatto, a cominciare da quello esercitato sulle persone, che tornano a essere il fulcro e l’anima dell’azienda.

  1. La responsabilizzazione induce a guardare il proprio lavoro e l’azienda con occhi diversi. Il senso di autonomia generato (quasi preteso) dalla filosofia Kaizen, è un moltiplicatore di motivazione, che proprio nella libertà di espressione trova il terreno ideale per germogliare.
  2. La caccia al colpevole e le critiche a colleghi e responsabili lasciano il posto allo studio delle potenzialità. L’analisi del dato sostituisce quelle sensazioni e quelle impressioni nella valutazione delle problematiche che solitamente ingolfano il sistema.
  3. Il miglioramento inizia da se stessi, attraverso un percorso che parte dall’autocritica e conduce all’autosviluppo, ma senza che ciò comporti la perdita della visione d’insieme. Il lavoro di gruppo e i team interfunzionali sono fedeli compagni del Kaizen, perché garantiscono la ricchezza di angolazioni utile per puntare all’oggettività.

Il Cliente come Stella Polare

Nell’approccio Kaizen c’è una persona ideale per valutare la qualità del nostro lavoro: il cliente. Come Sam Walton, fondatore della catena Walmart, disse ai propri dipendenti, c’è un solo capo: il cliente.

Se vogliamo sapere come lavoriamo, cosa facciamo bene e cosa potremmo migliorare, una sola persona è abilitata a risponderci in maniera competente: sempre e solo il cliente.

Cliente interno ed esterno

Allora Walton si riferiva al cliente esterno, quello che entrava nei suoi grandi magazzini per usufruire di uno dei tanti prodotti offerti al pubblico.

La definizione di cliente, però, non può limitarsi a questo, perché la maggior parte di noi non ha un rapporto diretto col cliente esterno.

Ciò non significa che il nostro lavoro non sia rilevante per il cliente esterno, né che non esista qualcuno in grado di apprezzare la qualità del nostro lavoro.

Questi altri non è che il cliente interno, cioè il collega che trasformerà il nostro output nel proprio input. In senso esteso cliente è la fase che, all’interno del processo, è successiva alla nostra.

Effetti Collaterali sull’Organizzazione

Kaizen cambia il modo di pensare delle persone e di conseguenza le aziende.

  • La difettosità non è più un problema da valutare al termine della lavorazione, o cui riservare un’intera fase destinata al ripristino. Diventa una criticità da estirpare alla radice. Individuare la genesi del difetto a monte garantisce notevoli risparmi e responsabilizza le persone, perché l’errore è corretto istantaneamente, studiando come il sistema possa alleviare la naturale fallacia umana.
  • Lo status quo non è più un castello da difendere strenuamente: le conoscenze di oggi vengono interpretate come il trampolino per le scoperte del domani. Lo sguardo è puntato al futuro, non solo per il bene dell’azienda (che comunque tende a estendermi gli effetti positivi), ma anche al fine di trovare nuove opportunità di crescita individuale.
  • Crescita che, sia essa personale o collettiva, non è più ritmata dalle possibilità economiche, né tantomeno schiava di esse. Il ricorso all’investimento, del resto, non rientra nella sfera di influenza del singolo impiegato, che si concentra sulle prospettive alla propria portata. La strada verso il miglioramento inizia da se stessi, con piccoli passi.
  • Le persone, dunque, sono al centro dell’azienda, ma ciò non intacca il fatto che, nell’analisi del rendimento, il prodotto e il servizio rimangano il risultato di un processo. Se la performance non soddisfa, va rivisto il processo, non le persone.

Comunicazione

Come anticipato, l’aspetto più complesso nell’implementazione della filosofia Kaizen è legato alla comunicazione dei valori che ne costituiscono la base.

Bisogna trasmettere il nuovo mindset, diffondere una cultura che riscriva il rapporto tra le persone e l’organizzazione. Per scalare vette simili, il Change Manager deve essere attrezzato con una vasta gamma di soft skills di cui la comunicazione rappresenta solo la punta dell’iceberg.

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