Lean. E’ sulla bocca di tutti, forse la parola più cool dell’universo aziendale. Attenzione, però: un conto è parlarne, un altro è conoscere il vero significato della filosofia Lean e, soprattutto, metterla in pratica. Se scegliamo quest’ultimo come indice di diffusione, allora c’è ancora molto da lavorare.
A ben vedere, è proprio il pensiero lean a dirci che da lavorare ci sarà sempre: miglioramento continuo (Kaizen), uno dei pilastri dell’intera struttura, il concetto che vede nell’ottimizzazione (dei processi, per fare un esempio) l’infinita ricerca di un traguardo che non possiamo raggiungere, perché si sposta un po’ più avanti ogni volta che lo avviciniamo.
Se avete bisogno di risultati concreti e quanto appena espresso vi risulta indigesto, non vi fermate alle apparenze: lean è sinonimo di concretezza. Gli effetti, i risultati dei Progetti Lean sono i veri testimonial dell’approccio, che però non è solo snello, ma anche molto profondo.
Dove nasce il Lean Thinking?
Un rapido sondaggio sul tema otterrebbe probabilmente ‘in Giappone’ come risposta più gettonata, ma in realtà la produzione snella ha origini più vicine a noi. Molto più vicine!
Le prime attestazioni dello sviluppo di tecniche finalizzate a ridurre i tempi di produzione investendo su efficienza e qualità della produzione, risalgono alla Repubblica di Venezia del Rinascimento.
In particolare l’Arsenale era un modello di Lean Production ante litteram: nel celebre complesso industriale, tra cantieri navali e officine, sono nate le prime catene di montaggio.
Le galee venivano prodotte da linee di assemblaggio disposte in sequenza, i componenti erano standardizzati e, in perfetta logica ‘pull’, niente si muoveva prima della richiesta del cliente.
Tale era l’efficienza, che quando gli Ottomani invasero Cipro nel 1570, l’Arsenale riuscì a produrre 200 galee in appena due mesi.
E’ arrivato fino a noi un altro episodio legato al Lean rinascimentale della Serenissima: si narra che quando nel 1574 il fresco sovrano di Francia, Enrico III di Valois, fece visita all’Arsenale, i veneziani furono in grado di costruire una galea nel breve volgere di un banchetto. Il tutto senza rinunciare allo sfarzo per cui l’episodio, complice anche la polvere di Cipro (a noi nota come zucchero), è giunto fino ai giorni nostri.
Da Venezia al Giappone
Tra gli albori e lo sviluppo della filosofia Lean ci sono 4 secoli, la Rivoluzione Industriale e molto altro.
Per comprendere le ragioni che hanno spinto l’industria nipponica verso il ruolo d’avanguardia dell’universo Lean bisogna passare attraverso gli effetti devastanti della II Guerra Mondiale.
Semplificando, il modello di produzione Ford, imperante all’epoca, presentava alcune problematiche difficilmente superabili nel Giappone degli Anni Quaranta, su tutte la limitatissima disponibilità finanziaria.
La produzione di massa, con i suoi ingenti investimenti, l’ampia disponibilità di energia e materie prime, gli stipendi (relativamente) alti e i prodotti (oltre ai processi) standardizzati (la mitica Ford T su tutti), si era dimostrata ideale nella prima metà del secolo e nel mondo occidentale, ma sulle ceneri della disfatta nipponica, il modello non avrebbe potuto attecchire.
L’automazione con le sue catene di montaggio, la produzione in serie e la maniacale attenzione alle tempistiche di ogni singola operazione non vennero accantonate, ma reinterpretate secondo un nuovo modello.
A definirlo fu Taiichi Ohno, che non a caso è considerato il padre del Pensiero Lean. Un riconoscimento dovuto a colui che inventò il celebre Toyota Production System, che costantemente aggiornato fino agli Anni Ottanta in pieno spirito ‘miglioramento continuo’, continua a influenzare il modo di interpretare l’azienda ancora oggi.
Il passo dal mondo industriale a quello accademico è stato fatto in ambienti anglosassoni grazie all’operato di Womack, Jones e Roos, che hanno divulgato il Pensiero Lean in tutto il mondo con due opere che rimangono un punto di riferimento per chiunque si avvicini al tema: The Machine that Changed the World del 1990 e Lean Thinking: Banish Waste and Create Wealth in your Organisation del 1996.
Lean e Six Sigma
Il successo ottenuto dal Lean Management negli Stati Uniti ha facilitato l’incontro con la metodologia Six Sigma, nata in Motorola negli Anni Ottanta e successivamente sviluppata da General Electric. Con l’avvento del Terzo Millennio i due approcci vengono integrati nel Lean Six Sigma, che, sulla comune base del miglioramento continuo, fonde i principi che accompagnano il Lean Thinker (riduzione degli sprechi, focalizzazione sul cliente, ottimizzazione delle risorse), agli obiettivi dei progetti Six Sigma (riduzione dei difetti e della variabilità del processo).
I 5 Principi fondamentali del Lean Thinking
Il Toyota Production System è fondato su 5 principi:
- Define Value: definire il valore del nostro prodotto/servizio secondo il punto di vista del cliente.
- Map the Value Stream: mappare i processi aziendali distinguendo ciò che crea valore per il cliente (attività a valore aggiunto) da ciò che non lo crea e può essere definito spreco e, di conseguenza, eliminato.
- Create Flow: dopo essere stati snelliti, i processi aziendali vengono ridisegnati per rimuovere ogni possibile ostacolo al corretto flusso del valore (riduzione lead time).
- Establish Pull: abbandonare la logica ‘push’ in cui la produzione non è coordinata con le richieste del mercato e rischia costantemente di incorrere in sovrapproduzione. E’ il cliente a ‘tirare’ la produzione, che si attiva quando e nella misura in cui serve al cliente.
- Pursue Perfection: l’ultimo principio è il più importante, perché senza la ricerca della perfezione, senza la continua tensione al miglioramento continuo, l’impatto dei 4 passaggi precedenti sarebbe momentaneo e, perciò, molto limitato.
Cosa è il Lean Management?
Fatte le premesse, è il momento di sviluppare il concetto.
Come scritto, si parte dal cliente. Che sia esterno (fruitore del bene o servizio prodotto dall’azienda) o interno (collega o divisione aziendale che si giova del mio output) poco importa: il cliente è l’unica fonte in grado di dirmi come sto svolgendo il mio lavoro e cosa dovrei fare di diverso per andare incontro alle sue necessità.
Tutto ciò che, all’interno del processo, non porta vantaggi al cliente, deve essere considerato come possibile spreco (Muda). Nel processo c’è spazio solo per ciò che aggiunge valore percepito dal cliente.
Al fine di eliminare gli sprechi, bisogna standardizzare e ciò inevitabilmente richiede organizzazione, ma anche partecipazione della forza lavoro. In realtà, per apprezzare gli effetti della filosofia Lean, il coinvolgimento delle persone deve intervenire ben prima.
Sono proprio le risorse che, investite da un forte senso di responsabilizzazione, attivano l’intero processo di miglioramento.
Quali sono gli obiettivi del Lean Thinking?
Non porsi dei limiti, innanzitutto. Né dal punto di vista dei margini di miglioramento, che come accennato sono potenzialmente infiniti, né in merito all’ambito di applicazione.
Essere Lean significa essere snelli, ma anche comprendere come i principi di questa filosofia siano trasversali.
Dal Toyota Production System di Taiichi Ohno è nato il Lean Manufactoring, che inizialmente ha rivoluzionato l’industria dell’automotive, ma col tempo si è dimostrato efficace in tutti i settori produttivi.
Non solo: i Principi Lean hanno dimostrato di poter estendere i propri benefici effetti ben oltre la produzione comunemente intesa e si sono adattati perfettamente a qualunque processo e reparto aziendale.
Gli effetti del Lean Thinking
In conclusione, cosa è lecito attendersi dall’implementazione del Pensiero Lean?
Un miglioramento continuo, grazie al contributo di ogni risorsa aziendale, attraverso la riduzione degli sprechi, così come li intende il cliente.
Semplificazione eccessiva? Può essere, ma permette di porre l’accento su un aspetto: per essere Lean, bisogna coinvolgere le persone che lavorano in azienda e ascoltare le persone cui sono destinati i nostro sforzi.